Fermata d’autobus
E così grazie a Dio, come dice Fulvialuna, vedo ancora la bellezza.
Cara amica, in nome di quella bellezza oggi sono tornata lì, sperando di incontrarlo ancora.
Non è successo.
Quello che sicuramente è accaduto è che sento ancora gioia e ardore dentro il cuore.
Oggi, mentre mi avvicinavo a quella fermata di pullman, mi sono dimenticata di essere grande, mi sono dimenticata di tutto e tutti.
Sono innamorata dell’amore e del dolce tocco di una umanità gentile.
Quella che resta. Quella che ci lascia assetati.
Un abbraccio. Sempre Vicky!
I traduttori, di Juan Vicente Piqueras
Sono traduttrice e… questo è il mio bellissimo lavoro!
Con entusiasmo, sempre Vicky!
I traduttori Sono una tribù strana sparsa per il mondo perché spostano il mondo. Portano mondi da una lingua all’altra. Ecco il loro mestiere. Fanno nevicare in arabo, cambiano il nome al mare, portano cammelli in Svezia, fanno che don Chisciotte cavalchi su Ronzinante dalla Mancha in Manciuria. Fanno delle cose strane, pressappoco impossibili. Dicono […]
via I traduttori, di Juan Vicente Piqueras — Il colibrì rosso
Il senso della noia.
” La noia è in qualche modo il più sublime dei sentimenti umani. Non che io creda che dall’esame di tale sentimento nascano quelle conseguenze che molti filosofi hanno stimato di raccorne, ma nondimeno il non potere essere soddisfatto da alcuna cosa terrena, né, per dir così, dalla terra intera; considerare l’ampiezza inestimabile dello spazio, il numero e la mole maravigliosa dei mondi, e trovare che tutto è poco e piccino alla capacità dell’animo proprio; immaginarsi il numero dei mondi infinito, e l’universo infinito, e sentire che l’animo e il desiderio nostro sarebbe ancora più grande che sì fatto universo; e sempre accusare le cose d’insufficienza e di nullità, e patire mancamento e voto, e però noia, pare a me il maggior segno di grandezza e di nobiltà, che si vegga della natura umana. Perciò la noia è poco nota agli uomini di nessun momento, e pochissimo o nulla agli altri animali.” (Leopardi, Pensieri, LXVIII)
« Soprattutto quando ero bambino, la noia assumeva forme del tutto oscure a me stesso e agli altri, che io ero incapace di spiegare e che gli altri, nel caso di mia madre, attribuivano a disturbi della salute o altri simili cause. » | |
(Alberto Moravia, La noia, 1960)
|
La noia
Anche questa notte passerà
Questa solitudine in giro
titubante ombra dei fili tranviari
sull’umido asfalto
Guardo le teste dei brumisti
nel mezzo sonno
tentennare.
(Giuseppe Ungaretti, Milano 1914)
Si potrebbe, volendo, scrivere della e sulla noia in sfumature e ambiti tra loro enormemente diversi eppure assolutamente complementari tra di loro.
Chiunque legge può capirmi al volo quando affermo che la noia non è un sentimento che si prova a causa della solitudine. Casomai, necessita della solitudine con sè stessi per essere provato. Voglio cercare di capirmi, di capirci qualcosa. Con una breve riflessione. Senza pretese.
Le tre persone citate sopra possono aiutarmi ad aprire mente e cuore a questo ‘stato’ in cui ci troviamo tutti, prima o poi, bambini e adulti. L’apparente passività, il senso di solitudine, l’apatia che la noia provoca fa avere con questo sentire un rapporto apparentemente negativo. Lo sento legato al tempo e al suo scorrere inesorabile.
Provo a fare questo esperimento strano: ignoro il tempo, il mio corpo, semplicemente sto, esisto. Sembra facile… Mi viene voglia di scappare. Da chi, da cosa, verso dove? Perchè poi?…. Un groppo sale dal cuore in gola.
Fuggo dalla verità, dal nulla e dal tutto che è la mia vita. Sono intrappolata, cerco pensieri, volti, suoni, odori… riferimenti ai quali appoggiarmi. Penso. Nella noia mi penso, mi vedo, mi calmo. Accetto me stessa. Il tempo si è fermato. Ora sono viva.
Un pensiero a tutti, sempre Vicky.
Madri ‘mancate’.
Anche questo, purtroppo, è India….
Il video riportato sia su YouTube che sul sito di Human Right Waych descrive brevemente una situazione delle madri in India a dir poco agghiacciante. Basta guardare lo stato dei cosidetti ‘ospedali’. Sporcizia, sangue, abbandono. Dappertutto. Mancanza di sangue – infatti molte donne, ancora bambine, muoiono dissanguate su un tavolo -, di medicine, della giusta informazione.
Molte donne e molti bambini sembrano avere già segnato un cammino di morte. Perchè?
Il titolo ha un doppio significato: la perdita della vita e insieme con essa il diritto a viverla da mamme.
Come mamma e donna non riesco a avere davanti a tanto dolore che un senso di vicinanza e allo stesso tempo di inadeguatezza.
Giusto il titolo del reportage: SILENCE (silenzio).
A tutte le donne indiane un pensiero, una dedica, sempre Vicky.