Mio fratello
Io amo mio fratello. Lo amo da quando ne ho coscienza. Saranno più o meno 45 anni.
Si chiama Fedele. In effetti lo è di nome e di fatto. Nel bene o nel male lui è coerente con le proprie idee, è fedele alla sua coscienza, alle sue idee che a volte ho condiviso, soprattutto nell’adolescenza.
Quando andavo al liceo lui era il mio mito, oltre naturalmente a mio padre.
Lui era il mio punto di riferimento ideologico, sembrava sempre più grande di me e in effetti lo era sia dal punto di vista dell’età sia da quello fisico. Mio padre, invece, era il mio punto di riferimento affettivo. Non mi vergogno ad ammettere che ero la sua preferita, la sua cocca, insomma la sua “Cenza“.
Mi sono chiesta per anni, una volta cresciuta, se questa cosa avesse fatto soffrire gli altri miei fratelli – in famiglia eravamo quattro figli – e onestamente mi sono vergognata un po’ con me stessa di aver approfittato di tutto quel bene oltre la misura.
Non ho avuto occasione nella vita di domandare quale fosse il loro pensiero, in realtà non ce n’è stato il tempo e forse neanche l’intenzione.
Fedele è cresciuto in fretta, viste le difficoltà che avevamo in famiglia. Difficoltà di tipo economico e poi anche di responsabilità rispetto ai fratelli più giovani e per di più problematici dopo la malattia e la successiva morte di mio padre.
Io amo mio fratello. E sono certa che mio fratello ami me.
La felicità comincia da piccole cose. Tra noi due non ci sono mai state né grandi litigate né grosse smancerie. È come se avessimo già saputo che c’era qualcosa di prezioso, quasi segreto che ci legava e ci tiene uniti ancora oggi. Ci vediamo di rado. Anche le telefonate però sono brevi e concise. Qualche volta ci scambiamo messaggi sul telefonino.
Che cosa strana… È proprio in uno di questi messaggi che ho trovato il coraggio di dirgli apertamente “Ti voglio bene” oppure “Mi manchi”. Tra di noi c’è sempre stata una sorta di vergogna, anzi di ritrosia a manifestare così apertamente i propri sentimenti. Non le conosco il motivo, ma ho smesso di chiedermelo e sono passata ai fatti, anzi alle parole aperte e chiare.
Ma perché sto a raccontarvi tutte queste cose?
Perché io faccio così quando sono troppo felice e, grazie a Dio, lo sono! Perché ormai mi conoscete, Quando vivo un’esperienza forte, dopo essermi concessa spazio sufficiente a far decantare ciò che è avvenuto, ho bisogno di condividere la mia gioia con chiunque, dapprima con mia figlia, con la migliore amica e con voi ora attraverso questo post.
Parlo e rido con mia madre, con mio fratello Francesco, con mia sorella gemella Raffaella e non da ultimo con mio padre – che ci custodiscono e ci osservano dal cielo.
La mia festa è perfetta e la mia gioia infinita! Anche adesso mentre sto scrivendo!
Le mie emozioni due giorni fa si sono materializzate in un piatto di spaghetti con le cozze, uno di pesciolini fritti e verdure alla griglia. Seguite da calma euforia e piacere.
Insomma il primo pranzo insieme a mio fratello, solo noi due, il primo in tutta la nostra vita finora! Non vi sembra un miracolo, una cosa meravigliosa?
A me sì. La vita corre e scorre in fretta, devo vivere di piccole e grandi gioie di tutti i giorni come anche di quelle straordinarie come questa che vi ho raccontato, per poter credere sempre di più che non siamo soli su questa terra.
Due brani di artisti che amo e che riflettono la mia anima.
Sempre più ricca, sempre Vicky!
Buon compleanno amore mio!
Sei tu
piccolo grande amore
trentatre anni e nove mesi circa insieme
oltre a chissà quanti millenni altrove
prima di questa vita
e ancora dopo
frutto della fertilità
discesa dalle stelle così
come il creatore e il creato
che nell’amore totale si fondono
senza problemi
di priorità o importanza
oggi ci basta poco
per essere felici
pranzo condiviso
la nostra piccola grande famiglia
e il riposo del pomeriggio
sui divani invecchiati
parlare con serenità
di papà della nonna della vita
di passato presente e futuro
la semplicità è il nostro Dio
lo riconosciamo in lei
del riso e un dolce ci bastano
perché tutto acquisti valore
moneta celeste senza peso
eppure inestimabile
come te
incastonata da sempre
in cuore e viscere
in un abbraccio
ti amo da sempre e per sempre
piccola mia
sorridente come quando Cipì
giocavi con i pentolini
oggi ne hai ricevuti di nuovi
per continuare a gioire
nella tua cucina magica
che ogni giorno mi insegna
ad apprezzare
ciò che condividiamo
a casa da sola leggo nel silenzio
custodisco tutto nel mio cuore
ogni singola pennellata di immagine
visito qualche pagina Web
qualche post
e soprattutto
gusto una pesca la mia preferita
alla quale è legata
la mia infanzia
insieme alla tua
le piccole cose insegnano
Continua a volare! La tua mamma sempre Vicky!
Caro papà
La vedete questa foto? L’uomo nel ritratto è mio padre.
Si chiama Gioacchino e dal 18 ottobre 1982 ha 57 anni per sempre.
Amava molto questa foto e mia madre l’ha scelta per lui quando l’ha sepolto.
Non lo vedo da 34 anni. Da 16 mesi mia madre l’ha raggiunto e prima di lei gli facevano già compagnia mio fratello Francesco dal 1989 e mia sorella gemella Raffaella dal 1986, insieme a molti altri.
No, non sto facendo l’elenco dei defunti ma un esercizio della memoria.
È quello che ho detto a mia figlia stasera mentre era sulla porta di casa mia. Le ho detto che erano 34 anni che non vedevo mio padre. Lei mi voleva incoraggiare e consolare dicendomi di non pensare a cose tristi, ma in realtà le ho spiegato che per me il ricordo non è altro che attualizzare le gioie della memoria per avere qualcosa di bello e prezioso nello scrigno che è il mio cuore.
Esercito la memoria del ricordo dell’amore dei miei cari per me e il mio per loro sempre vivo e attuale perché la vera tristezza è dimenticare ed esserne consapevoli nella lucida abitudine della quotidianità, che con la sua patina di polvere tutto copre.
Gioia è costruire sulle rovine e dalle rovine cose nuove, nuovi ricordi, nuove presenze.
Caro papà,
so di raccontarti cose che tu già conosci, ma voglio dirtele lo stesso. Come se stessi parlando al telefono oppure di persona venendo a trovarti l’ennesima volta in ospedale illudendomi che tu stia perennemente in quel limbo ad aspettarmi, per illuminarti come il sole alla mia presenza.
Sarebbe inutile raccontarti tutto, ma voglio lo stesso condividere con te i momenti che in questo giorno emergono nel mio animo. Di alcune cose vado fiera, di altre meno.
Tu mi hai sempre perdonato. Sono cento volte il figliol prodigo nei miei e nei tuoi pensieri.
Sai, dopo essere tornato dal mio giro con Lorenzo e dopo la tua morte l’ho sposato. Con la tua benedizione, che per me è valsa più di qualsiasi cosa al mondo. Nel mio cuore ho sposato Lorenzo quel giorno, il 6 ottobre 1982, dopo aver firmato il consenso in comune ed esserti venuti a trovare subito in ospedale. Non ce l’hai fatta ad esserci fisicamente in chiesa per festeggiare con tutti noi ma lo so, ne sono certa, che la mia felicità è stata e sempre sarà la tua. Quando sono diventata mamma l’ho capito. Anzi, l’avevo capito già desiderando mia figlia.
Hai tre nipoti, tre femmine: Emanuela, mia figlia, è la più grande; poi c’è Federica e quindi Francesca. Non hai ancora pronipoti, per ora.
Non ho mai rimpianto le scelte che ho fatto contro la tua volontà, perché mi hai generata libera e io l’ho messo in pratica. Lo faccio ancora adesso, come sai. Non ho mai addossato sulle spalle di altri la responsabilità mia, come anche le colpe. Grazie a Dio ho anche dei meriti, papà, di cui sei fiero sicuramente.
Mi dispiace soltanto che tu debba vedermi lottare ogni giorno per una vita che tu avresti voluto sicuramente diversa per me, una persona allegra e vivace a volte come una bambina anche a cinquantatre anni.
Papà, volevo dirti che ho conosciuto tanti momenti di felicità anche in questi oltre vent’anni in cui sono seduta sul mio “trono” su ruote, con le mie mani ferme o quasi. Quelle mani che usavo e che avrei usato anche adesso per accarezzarti, a modo mio, come anche per giocare a carte con te.
Mi piace ancora farlo anche se uso dei trucchi visto che non posso tenerle in mano le carte. Per questo non devi essere triste, è possibile avere una vita piena anche quando non si ha nulla o quasi. Tu e mamma me l’avete insegnato, anche quando non c’era da mangiare e c’erano tanti problemi in famiglia. Il mio ricordo più bello è sempre quello di noi tutti riuniti a tavola, a mangiare una semplice pasta col sugo e basta, dopo l’ultima sfuriata con Franco e la pace dopo la tempesta.
Era bello anche così.
L’ultima cosa di cui voglio parlarti perché tu mi conosci bene é che non ho smesso di essere una persona controcorrente, coerente con i propri principi anche a costo di sbagliare. Non mi vergogno quando devo ritornare sui miei passi, non penso a me come a una perdente o qualcuno che faccia compromessi nella vita. Papà, semplicemente non ho ancora smesso di vivere. Dopo Lorenzo ho avuto altre persone, tu non avresti approvato ma guardami: sono tua figlia e ho imparato da te che cos’è vivere la vita di ogni giorno, giocare con se stessi prima di tutto e anche avere compagni di viaggio che il mondo non giudicherebbe proprio di successo.
Oggi come 34 anni fa, anzi come 53 anni fa, ti ringrazio di avermi fatta così e di avere cura di me nelle grandi come nelle piccole cose.
Ciao, alla prossima!
Con amore, sempre “Cenza”, sempre Vicky!
Not in my name!
L’altro ieri ho visto un assassino a Roma, accolto e foraggiato anche a mie spese dal presidente della repubblica m. e da quello del consiglio r.
“Abbiamo stretto accordi economici con l’Iran”. Scritti col sangue di oppositori, donne lapidate, gay uccisi. Tutto il mondo lo sa.
Siamo in affari con un paese sanzionato dall’Onu.
L’assassino è stato ricevuto da Papa Francesco.
Giovanni Paolo II in Sicilia gridò ai mafiosi “Convertitevi! Un giorno arriverà il giudizio di Dio!”
Ho la nausea.
Sempre Vicky.
Papà
(Google)
Dedicato a mia figlia Emanuela, alla cara Laura Viezzoli, a tutte le persone che perdono le radici:
” Il papà è il gigante sulle cui spalle saliamo per scrutare il mondo, dopo… ci tocca crescere e tu… sei GRANDE!”
Sempre Vicky!
Briciole
(Google)
Vicky è viva. Vicky si emoziona. Vicky ricorda…
Tre immagini prendono vita per magia davanti ai suoi occhi improvvisamente fissi davanti a sé. Gli uccelli ne sono il filo conduttore mentre sta tranquillamente seduta sulla sedia sua compagna di vita per sempre, in compagnia dei suoi pensieri… uno in particolare, ancora troppo fragile e indifeso per essere espresso. Nevica, con fiocchi leggeri e delicati che non vogliono disturbare i suoi pensieri, piuttosto adornarli come bianche corone poste sul capo della natura regina. Eccolo! Arriva il trionfatore, il protagonista improvviso della scena e Vicky non può che apprezzare e inchinarsi alla sua maestosa e pur piccolissima Bellezza.
Un uccellino piccolissimo e colorato ha accolto il suo invito, prende ciò che viene offerto così come natura ha scritto in lui. Un pezzo di pane non è stato gettato pensando a quest’essere indifeso al quale Vicky si sente così simile perché bisognosa di qualcuno che si prenda cura con amore di lei, offrendole briciole insignificanti eppure vitali per continuare il volo. Anche con la neve… un quadro incantato qualche attimo ferma il tempo.
La prima immagine. Figlia. Suo padre tanti anni fa prima di lei offriva cibo agli animali, insegnandole così che neanche il più piccolo di loro deve essere dimenticato nel ciclo della vita. Niente è sprecato, nelle briciole che lui lascia cadere sul balcone di casa… tra poco una meraviglia apparirà ai loro occhi. Piano piano uno, poi due passerotti si avvicinano al regalo di ogni giorno da quando quel gigante si è fatto piccolo come loro dopo una vita di lavoro, vive un giorno alla volta il papà di Vicky e non è mai solo in questo microcosmo nel quale ai suoi occhi lui diventa un personaggio con poteri nascosti. Una fotografia indelebile e dolcissima.
La seconda. Mamma. Un uccellino protagonista di una fantasia che arriva a casa di Vicky attraverso un libro di favole resterà per sempre nella famiglia. Ha un compagno di vita, Vicky, e una bambina piccola come il piccolo Cipì di cui narrano voli in quel libro. Quando si sdraia sul letto con la sua meraviglia vivente si apre un mondo nuovo, fatto di colori, di voli, di giochi inventati… il libro diventa un pretesto per stare vicini, forse inconsapevolmente leggersi dentro più che fuori, già in quei momenti. Ed è così che magicamente si perde nella memoria il momento in cui la piccola Emanuela diventa Cipì, emergendo dalle radici umane e salendo verso quelle che saranno per sempre nei cuori, senza età. Anche dopo più di vent’anni Vicky pensa al suo tesoro che ha assunto la forma di un piccolissimo capolavoro della natura, pensa alla sua Cipì.
La terza. Donna. Mentre si appresta a fare le cose di tutti i giorni, apparentemente identiche le une alle altre, Vicky si è regalata ancora un po’ di vita vera apparentemente nascosta dietro quella vetrata, in un appartamento qualsiasi del suo quartiere, per molti forse anonimo ma per lei importante perché oggi ha fatto da cornice ad uno spettacolo mai uguale a quello precedente, mai identico a quello successivo…
Vivi! Sogna! Vola! Sempre Vicky!
Visite a Milano
(Google immagini)
Nel silenzio del mio appartamento sento rieccheggiare le voci delle persone amate,
i passi di mia figlia e di mia madre, a volte stanchi
dopo oltre sedici anni di visione di me in versione seduta permanente.
Non su un trono, non a fior di loto.
Semplicemente immobile.
Guardo queste foto.
Rispetto entrambi, pur non condividendo del tutto le loro scelte come guide spirituali.
Ciò nonostante un groppo mi prende alla gola,
il peso di una solitudine senza guida che io ami come il prossimo mio pesa.
Io vivo a Milano, ci sono nata 48 anni fa.
Meta di visite Milano in questo mese.
Prima il Papa, poi il Dalai Lama.
Sotto l’ombra degli scandali l’uno, sotto quella delle ceneri dei monaci il secondo.
Una domanda sola: chi visiterà i milanesi?
Ascolto… i soliti passi.
Entrambi hanno il titolo di ‘Santità’.
Dimmi cos’è.
Una laica chiunque. Sempre Vicky.
Il grande mistero Orlandi
(Google)
Dal blog del giornalista Pino Scaccia, al quale sono iscritta:
http://pinoscaccia.wordpress.com/2012/05/22/quel-pasticciaccio-brutto-di-santapollinare
Il mio pensiero al riguardo con cui ho commentato:
“Alla data dei fatti avevo solo 19 anni e restai colpita da entrambi gli avvenimenti. Si trattava di due ragazze quasi mie coetanee e me le sentivo dentro in tutta la loro disperata solitudine. Purtroppo la stessa che sento ora leggendo queste nauseanti novità. E’ proprio vero: il sangue degli innocenti non smette mai di urlare per chiedere giustizia. Ascoltiamolo.
Due richieste: che i colpevoli paghino, religiosi o meno, rinunciando alla propria intoccabilità e che il diritto canonico sia riformato, permettendo, come già avveniva nel passato, che i religiosi possano rinunciare al celibato.
Lo chiedo a nome di tutte le vittime a tutti i religiosi: NON PRONUNCIATE PIU’ IL NOME DI DIO INVANO.”
Molto triste e arrabbiata, aspetto la verità, sempre Vicky!
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