Oggi
Ciao a tutti!
Buon inizio del nuovo mese in rosso, anche se fuori piove e mette malinconia.
Mentre ascolto musica bella, un abbraccio, sempre Vicky!
Tacchi a spillo
(Google)
La femminilità è un paio di tacchi a spillo. Anche. La vanità e la voglia di piacere e piacersi non conoscono confini nè barriere mentali. Che male c’è?
Mi vengono in mente le donne di Pedro Almodovar, così eccessivamente provocanti e profondamente femmine. Le amo! Vorrei somigliare a una di loro. Ci provo… Per ‘una come me’ un volo con la fantasia, una provocazione a me stessa e alla gente che mi sta intorno.
Diamo inizio al sogno! Esco idealmente a fare acquisti. Sola come sempre o quasi. Meta: il centro di Milano.
Cosa hanno in comune scarpe con tacco a spillo e me? Io non cammino nè lo farò più… eppure… L’apparenza non è fondamentale, figuriamoci se ho cambiato idea però… scegliere è sempre meglio, se possibile. Oggi scelgo di “mascherarmi” e sentirmi ancora donna come quelle che mi passano accanto, non accorgendosi che lo sono anch’io.
Faccio vincere la femmina che è in me. Indosso le scarpe col tacco a spillo. Le vorrei rosse, in vernice. Vorrei indossare un tubino nero. L’ho sempre sognato. Non ne ho mai indossato uno. Quando camminavo ancora, cioè fino al 2 novembre 1995, non ritenevo di avere il fisico adatto perché pensavo quasi 25 chili in più, questo era lo stesso motivo per cui non indossavo quasi mai pantaloni, meno che meno aderenti. Mi sono sempre vergognata del mio corpo per motivi diversi.
Le rarissime volte in cui mi sono sentita davvero bella ha coinciso con quelle in cui sono stata amata com’ero. Ha coinciso con quelle in cui mi sono voluta bene. A prescindere dal giudizio degli altri o da loro incoraggiamento, che in ogni caso è sempre benvenuto.
Da qualche anno ha prevalso la stima di me, l’apprezzamento della mia femminilità prima di tutto da parte mia. Sono cambiata fuori e dentro. I tacchi sono un simbolo di “potere”… di rivalsa forse sulla vecchia Vicky.
Mi domando e mi domandano quale sia lo scopo dell’indossare un tale ornamento. Penso. L’unica risposta che trovo è piacersi, sentirsi misteriosamente un oggetto del desiderio, in alcuni casi il soggetto di sensualità. Essere semplicemente donna, pur non potendo muovere neanche un passo e mantenere quel paio di scarpe peccaminosamente rosse, come potrebbero essere delle labbra con un rossetto, “forever young”.
La mia immaginazione si esercita ad occhi chiusi. Immagina e intravede una voglia personificata che si arrampica su quei tacchi fino alle mie gambe, andando oltre e dimenticandosi che sono ferme ma che comunque conservano intatto il loro fascino.
Questo è quanto il “maschio” che è in me vede in quest’oggetto del desiderio. Vicky donna-femmina ha sempre invece adorato i sandali infradito, i piedi nudi, appena possibile a contatto con la terra, con l’erba o come ultimo sogno realizzato col mare. Il piacere che ne deriva è altissimo, di fusione con la natura prima che con gli esseri umani i quali hanno bisogno di oggetti per compiacersi, per compiacere.
Mi guardo immaginariamente allo specchio mentre indosso la passione rossa. Sono diversa, ma mi piaccio. Manca la gonna o l’abito che scopra le mie gambe. Ma questo è un altro discorso.
Appassionata, sempre Vicky!
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