Vicini di casa
Giornata particolare, oggi.
A parte il grigiore di questo lungo periodo, oggi due eventi a toccare il cuore, la coscienza, l’esistenza.
Piccole e grandi cose di tutti i giorni.
Stamattina ero ancora a letto e ho ricevuto una telefonata. La mia vicina di casa con cui ci si trova a Messa e a volte a chiacchierare appena fuori casa.
Durante il primo lockdown – io lo chiamo così – ci siamo scambiate limoni, prezzemolo e numeri di telefono in caso avessi o avesse bisogno di qualunque cosa.
Anche solo di una telefonata.
Stasera, anzi, poco fa hanno portato via in ambulanza la mia vicina di casa che sta al piano superiore.
È più giovane di me. Ha il cancro. Per la prima volta ho visto di persona i soccorritori tutti attrezzati con tute protettive, visori e tutto il necessario.
Il coronavirus non è un film.
È solitudine. È freddo. È bianco. È vicinanza attraverso filtri e strati che nascondono tutto.
Restano solo voci e sguardi. Dietro i visori. Dietro le mascherine.
Purtroppo non è carnevale.
Signore, stasera mi sento un po’ più sola. Resta accanto a me.
Sempre Vicky!
Poi ci sentiamo
È la frase che sento più spesso nella mia vita. Quella che detesto di più. Perchè, più o meno consapevolmente, è odiosa e meschina.
Odiosa perchè indefinita, perchè la sopporto tanto, troppo.
Meschina perchè in essa è contenuta una “specie” di promessa, che ti tiene appesa a un filo ormai invisibile visto l’avvento dei telefoni cellulari. L’immagine sopra serve a distinguere il mio telefono (quello a destra su per giù, un vecchio Nokia) da quelli ultramoderni con un sacco di applicazioni, compresa quella di whatsapp, che il mio cellulare ovviamente non supporta. Sono fuori da un certo numerosissimo mondo social.
La rabbia che emerge dalla mia solitudine sincera e vera mi sta facendo diventare asociale e misantropa. Non lo avrei mai pure lontanamente immaginato di me stessa e voglio sperare che sia una “malattia” dal decorso breve e che non lasci cicatrici.
Uso il mio blog oggi per “ringraziare” una lista di persone, ovviamente senza fare i nomi perché non è necessario. Chi ha occhi per intendere intenda… diceva qualcuno molto prima di me sostituendo alla parola occhi orecchi.
Sono sinceramente stanca di essere comprensiva e mansueta, di cercare giustificazioni fuori e dentro di me che allevino il dolore di un buco esistenziale nel quale non trovo più traccia della mia colpa. Ho esaurito la pazienza anche di fare autocritica.
Dicevo quindi che volevo fare dei ringraziamenti. Sarò breve, le motivazioni le ha già date sinteticamente qui sopra.
Ringrazio te, caro parente, che oggi mi hai chiamata e visitata solo nelle tue intenzioni… forse. Allo stesso modo ringrazio te, cara amica di ieri. Aggiungo una menzione speciale per te che sei l’amica di oggi e già ti sei dimenticata di me.
È colpa mia, oggi è domenica. Non l’ho mai amata particolarmente proprio perché in questo giorno la tradizione vuole che si stia con la famiglia, con le persone più care, magari con gli amici e perfino i vicini di casa. Che grossa ipocrisia! Basta guardare i parcheggi dei centri commerciali.
Vorrei proprio sapere in quanti oggi sono andati a visitare i propri genitori magari anziani. Io non lo sono ancora, anziana, ma sono mamma e non solo nel giorno della festa ma 365 giorni all’anno, fino alla fine della mia vita terrena e anche oltre.
L’unico raggio di sole in questo mare di fango è stato il pranzo con mia figlia che oltre a farmi dono della sua compagnia per un po’ di tempo mi ha dato un pensierino per dirmi in altre parole “Ti voglio bene”.
Ho passato parecchie ore di questa giornata da sola, un po’ per mia volontà (se voglio scrivere un post utilizzando il mio software vocale devo essere necessariamente sola per avere un po’ di privacy) un po’ per le circostanze. Quello che ho scritto mi fa paura ma la vita mi ha abituato a non avere molta scelta in alcuni campi come per esempio la mia autosufficienza fisica, così ho promesso a me stessa tempo fa di non sottrarmi più al dovere dell’onestà intellettuale e all’amore della verità, per quanto possa farmi soffrire e anche, aggiungerei, farmi apparire dura per quelli che pensano di conoscermi.
Certe maschere le ho buttate via perché vivere la vita che gli altri volevano per me era troppo faticoso.
Un ultimo davvero sofferto e sentito “ringraziamento” a tutti coloro che oggi hanno pregato un Dio dal volto trasparente anzi, senza volto. Nemmeno il mio, che pur è stato creato a sua immagine e somiglianza… come quello di tutti. Vi prego dal profondo del mio cuore: “Smettete di riempire le chiese e cercate chi sta fuori!“. Vi dico da cristiana cattolica di non pregare più per me ma, se proprio volete, di farlo con me, altrimenti non fatelo affatto.
Un pensiero amorevole sale al Cielo e agli ultimi che Dio ama. Sempre Vicky!
Un mese out
Ciao a tutti.
Ho trascorso l’ultimo mese in ospedale, ospite dell’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano. Ho avuto molta paura, poi solo quiete. E attesa.
Ed eccomi. Debole e alleggerita di trenta giorni di vita e di quattro chili. La vita è dura…
Non mi dilungo, non ne ho la forza. Solo ringraziamenti. E non.
Comincio da te, che sicuramente mi leggerai: MI FAI SCHIFO. Nonostante quello che abbiamo condiviso e i miei sms non hai neppure chiesto il mio stato. Vergognati, Edison, non ho altro da dire a chi come te salva il proprio matrimonio sulle bugie.
Ringrazio invece chi mi ama da vicino e da lontano, ognuno come può, tutto è dono: Hassan, Emanuela, Fedele, Marina, Virginio, Sara, Chiara, Antonella e tanti altri tra i quali i lettori del mio blog e qualche contatto su Facebook.
Ho bisogno di tempo. Ce la metto tutta. Anche col vostro aiuto.
Vi abbraccio, sempre Vicky!
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.