Primo maggio?
L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro.
ANCHE OGGI.
OGNI GIORNO.
Buona domenica, sempre Vicky!
Una dedica che significa DIGNITA‘.
Depressione secondo Giaquinto e Ultimo
Amici miei,
so di cosa si parla purtroppo…
Vi invito ad avere pazienza e guardare questo video perchè c’è molto da imparare.
Buona serata! Sempre Vicky!
Un brano che mi regala emozioni. Bravo Ultimo! ❤ ❤ ❤
Ultimo – Sogni Appesi (Live in Studio) Testo e musica di Ultimo
Provo a dimenticare, scelte che fanno male,
Abbraccio le mie certezze, provo a darmi da fare,
ma ancora non riesco a capire se il mondo un giorno io potrò amarlo,
se resto chiuso a dormire,
quando dovrei incontrarlo.
Quello che cerco di dire,
da quando scappavo da tutto,
quando ridevano in gruppo
tornavo e scrivevo distrutto;
è che ho gridato tanto
in classe non ero presente…
sognavo di vivere in alto,
dimostrare che ero un vincente,
e quando ho incontrato me stesso
mentre correvo di notte,
gli ho urlato di odiarlo contro
e lui ha diviso le rotte.
Ma guarda che strana la sorte
oggi che mi sento bene,
io lo rincontro per strada
gli chiedo di ridere insieme
Dimmi che cosa resta
se vivi senza memoria
perdo la voce,
cerco la pace,
e lascio che la vita viva per me.
Dimmi che cosa senti
se scopri di avere paura
brucio consigli,
alzo il volume,
l’ansia nasconde i sorrisi che ho.
Dimmi che cosa vedi
quando pensi al domani
Quali domande?
Quante risposte? “Forse domani” ripeti “forse”.
E vivo coi sogni appesi
girano le pareti,
vivo coi sogni appesi.
Quando ascoltavo la gente parlare
mentre dava lezioni,
non ho saputo imparare
ed ora disegno le delusioni.
È facile avere ambizioni,
un po meno concretizzarle…
ero un bambino diverso,
odiavo chi amava
e aspettavo l’inverno.
Sempre collocato nel gruppo dei perdenti,
in questo percorso
a chi c’ho intorno un sorriso e mille incidenti,
ma mando avanti la ruota ,
lascio che giri da sè,
riesci a capirmi
solo se hai sempre voluto
qualcosa che non c’è.
E adesso tirando le somme
non sto vivendo come volevo,
ma posso essere fiero
di portare avanti quello che credo.
Da quando ero bambino, solo un obiettivo:
dalla parte degli ultimi, per sentirmi primo.
Dimmi che cose resta
se vivi senza memoria
perdo la voce,
cerco la pace,
e lascio che la vita viva per me.
Dimmi che cosa senti
se scopri di avere paura
brucio consigli,
alzo il volume,
l’ansia nasconde i sorrisi che ho.
Dimmi che cosa vedi
quando ripensi al domani
Quali domande? Quante risposte?
“Forse domani” ripeti “forse”.
E vivo coi sogni appesi girano le pareti,
vivo coi sogni appesi.
Lavoro è dignità
Credo di averlo visto almeno un paio di volte.
Ogni volta vi scopro luci nuove, emozioni nascoste, semplicità cruda e povertà regale.
Il dramma della perdita del lavoro, anche se a tempo determinato e sottopagato, va pari passo con la perdita della dignità e dell’autostima.
Per le donne è ancora peggio.
Vivono con lo spettro della gravidanza e del licenziamento assicurato.
Luciana decide di reagire, come faceva Marione, suo padre, che le raccontava storie di vita e non favole. La verità lei la sapeva. Ma viverla al culmine della disperazione, quello no, non credeva di essere vinta, ferita, umiliata.
Non sconfitta, a modo suo.
Il meraviglioso e straziante monologo, culmine della storia, è il racconto di una vita. Quella di Luciana, che un giorno potrebbe essere quella di una di noi.
Un brano stupendo fa da colonna sonora stupenda. Sempre Vicky!
Morire a 14 anni
Gli attivisti sociali paraguaiani protestano davanti al Ministero della Salute per chiedere la fine della violenza contro le donne e una migliore assistenza sanitaria per loro, mentre il mondo celebra la “Giornata internazionale della donna” ad Asuncion, Paraguay, 8 marzo 2017. Lo striscione: “Il 48% delle donne violentate ha meno di 30 anni “.
© 2018 Reuters
Amici, a questo link potete trovare l’articolo originale in inglese Tratto dal sito Web dell’organizzazione internazionale umanitaria Human Rights Watch (HRW) che descrive la situazione in Paraguay riguardo la violenza di genere, in particolar modo quella sulle bambine e sulle adolescenti.
In particolare tratta l’aspetto legale riguardo la possibilità di scegliere di abortire nei casi di violenza sessuale.
È una questione morale e sociale, però visto che il panorama e la mentalità non cambiano ci vuole una legge che tuteli queste bambine. E ci vuole anche presto!
Non voglio più leggere questi titoli e vedere certe foto!
14 anni, incinta per uno stupro, morta di parto
In Paraguay la severa legge sull’aborto mette in pericolo le adolescenti
Di Margaret Wurth, ricercatrice, Children’s Rights Division
26 marzo 2018
La settimana scorsa, una ragazza di 14 anni in Paraguay è morta durante il parto. È rimasta incinta dopo essere stata violentata da un uomo di 37 anni, ed è morta mentre i medici eseguivano un taglio cesareo d’emergenza, cercando disperatamente di salvare lei e il suo bambino, dopo aver trascorso diverse settimane in ospedale per le complicazioni dovute alla gravidanza. “Il suo corpo non era pronto per una gravidanza”, ha dichiarato il direttore dell’ospedale. Il bambino è sopravvissuto.
L’aborto è illegale in quasi tutte le circostanze in Paraguay. L’unica eccezione è quando una gravidanza presenta complicazioni potenzialmente letali. Questa minima eccezione non è sufficiente per proteggere la vita, la salute e la dignità delle ragazze e delle donne nel paese.
L’aborto è illegale in Paraguay per le gravidanze risultanti da stupro o incesto. È illegale quando la gravidanza rappresenta un rischio per la salute serio, ma non pericoloso per la vita, e quando un feto non ha speranza di sopravvivere al di fuori dell’utero.
Non sappiamo se la quattordicenne che è morta la settimana scorsa avesse voluto abortire. La decisione di interrompere una gravidanza è profondamente personale. Avrebbe potuto scegliere di continuare la gravidanza anche se l’aborto legale fosse stata un’opzione. Ma per lo meno lei e la sua famiglia, il suo capo religioso o persona fidata, e il suo medico avrebbero dovuto avere la possibilità di discutere – e prendere in considerazione – il rischio di continuare la gravidanza e l’opzione per porvi fine.
Nel 2015, una bambina di 10 anni in Paraguay è rimasta incinta dopo essere stata violentata dal suo patrigno. Sua madre ha chiesto il permesso perchè la bambina potesse abortire, ma le autorità hanno respinto la sua richiesta. Ha partorito all’età di 11 anni – una undicenne sopravvissuta a uno stupro di 11 anni, costretta alla maternità contro i suoi desideri. Questo avrebbe potuto essere evitato se il paese avesse permesso un aborto sicuro e legale.
Esperti internazionali hanno affermato che il blocco dell’accesso all’aborto per i sopravvissuti allo stupro può essere una tortura. Commentando la situazione in Paraguay, il Comitato contro la tortura ha affermato che il divieto di aborto significa che ai sopravvissuti “viene costantemente ricordata la violenza commessa contro di loro, questo causa gravi stress traumatici e comporta il rischio di problemi psicologici di lunga durata“.
Ogni giorno in Paraguay quattro ragazze subiscono violenze sessuali, e due ragazze sotto i 15 anni partoriscono, secondo i dati del Ministero della Salute. Non so se la ragazza di 14 anni avrebbe scelto di non continuare la gravidanza che le era stata imposta se avesse avuto la possibilità di porvi fine in sicurezza e legalmente. Ma non le è mai stata concessa questa scelta. E ci sono centinaia di ragazze come lei, derubate di informazioni e potere sulle loro vite e sui loro corpi. Queste sono le conseguenze brutali e inevitabili della legge sull’aborto del Paraguay.
Il Paraguay dovrebbe abrogare tutte le leggi che rendono l’aborto un crimine. Ma perfino piccole eccezioni salverebbero alcune vite – permettendo ai medici, con il consenso informato dei loro pazienti, di porre fine a una gravidanza quando è necessario proteggere la vita o la salute di una donna o di una ragazza, quando una gravidanza risulta da uno stupro o incesto, o quando il feto non sopravviverà. Le autorità del Paraguay dovrebbero agire ora prima che altre ragazze adolescenti subiscano le conseguenze delle restrizioni sull’aborto del paese.
(L’articolo è stato da me tradotto, con tutti i limiti e le inesattezze che vi chiedo, eventualmente, di segnalarmi. HRW non è responsabile di errori contenuti nella traduzione realizzata con permesso.)
Grazie per la vostra attenzione, sempre Vicky.
L’importante è FINIRE
Ed eccomi finalmente sentimentalmente LIBERA e non solo…
Sono fiera di chi sono stata, di chi sono, di chi sarò.
Ho mantenuto le promesse, ho conservato la dignità. Questo conta.
Sempre sincera, sempre onesta, oggi delusa…
Donna fino in fondo. Come tante. Come loro… Sempre Vicky!
Oggi una stronza
(Google)
Eccola. Ha appena legato la bicicletta. Con cura. Le attribuirà pensieri umanizzati e umanizzanti? E’ meticolosa, la giusta dose di fretta dissimulata. La chiamano efficienza. La guardo, come se vedessi una parte di me che è rimasta nel passato, in un angolo che non voglio ricordare. Forse ero anch’io un po’ così, sono cambiata. Prima passavo, ora mi fermo. Pensavo di vivere, invece correvo e basta. Con chiunque senza pregiudizi e senza distinzioni. Ma questo è un altro discorso…
Ho comprato un pezzo di focaccia da mangiare in fretta appena fuori dal supermercato, in pieno sole. Mi sento una turista, invece sono appena uscita da un ambulatorio dell’ospedale dopo la visita cardiologica. Sono contenta, sembra tutto a posto. Forse sarà per quello che voglio sentirmi come una qualsiasi, libera di mangiare per strada senza curarsi dei giudizi degli altri. Quando ero viva davvero, secoli fa, ero proprio così.
Oh Dio, mi sto conciando da buttare via, piena di briciole. Sto per perdere l’auricolare, il filo essenziale che mi tiene legata in modo invisibile al mio cuore che è distante da me.
Ho bisogno d’aiuto. Da anni non mi vergogno più di chiederlo, a chiunque, passanti, cassiere, commesse, secondo la situazione o il bisogno che ho.
Oggi ho scelto lei. Quella stronza.
Apparentemente sono identica a migliaia di altre persone, se non per un particolare, la mia carrozzina, che mi distingue in qualche modo. Per il resto ho un aspetto comune. Non direi di me che incuto timore, neanche alle formiche che cerco di evitare accuratamente con le ruote da quando mi sono resa conto che non esiste solo il valore della vita umana, ma che tutto quanto ci circonda è vita e va rispettato. Anche questo però è un altro discorso…
Mi avvicino e le dico: “Scusa, puoi darmi una mano?” Non ho quasi terminato neanche la frase che sento una risposta che mi gela il sangue prima e me lo fa diventare bollente dopo: “Sì, però niente soldi.” Non mi sono mai sentita così umiliata in vita mia. Non di sicuro da una persona comune, una persona che sta entrando al supermercato per fare la spesa come l’ho appena fatta io. Se solo quella stronza avesse pensato per venti secondi o mi avesse solo degnato di un’occhiata staccando lo sguardo dalla sua bicicletta si sarebbe resa conto che i soldi per pagare la spesa li avevo e non stavo certo chiedendo l’elemosina.
Sono ferita, profondamente. Sento salire le lacrime agli occhi ma mi trattengo e continuo a parlare. “Guarda che volevo solo un aiuto.” e lei “Dimmi pure in cosa posso aiutarti?” Le rispondo: “Ora non lo voglio più da te. In più vorrei farti sapere che io ho una professione, ho un mio lavoro, non ho bisogno di chiederrti soldi. ” Mi sento incandescente e sento solo di sfuggita la sua risposta “Io non ce l’ho il lavoro”. Da lontano mi volto e come se mi fossi alzata di scatto, con lo stesso impeto le rispondo: “Te lo meriti!”
Mi volto definitivamente e riprendo la mia strada verso casa. Ho bisogno di allontanarmi. Ho bisogno di pensare, di vivere cose positive.
Ti chiamo. Tu sei definitivamente altro. Assolutamente il mio elemento in cui mi muovo in libertà. Vivo!
Senza rancore… sempre Vicky!
La terza via e Facebook
Frammenti di vita
Marco: “La vita ti ha messo di fronte a cose tremende… ma ti ha messo nella condizione di vedere le cose in maniera diversa dagli altri… o diventavi stronza e acida o diventavi santa e bacchettona… tu dimostri con la tua forza..i tuoi sentimenti… il tuo essere che c’è una terza via… il vivere con la dignità… con una possibile normalità… e riesci ad essere anche di aiuto agli altri… più di quanto loro stessi non se ne rendano conto e riescano a ricambiarti…. semplicemente …. sei e ci sei!”
“Puoi fare tutto ciò che vuoi !!!! sei unica!!! mi hai chiesto di fotografarti nuda e te la meni per postarmi con signorilità un semplice pensiero….. la tua grandezza arriva a comprendere che questa è una cosa mia privata e l’altra era tua… entrambi volevamo qualcuno di speciale a condividerla…. Grazie per avermi dato la tua fiducia!!!”
Io a Marco: “A dirti la verità ce la siamo scambiata istintivamente e questo mi conferma sempre di più quello che penso sulle affinità e cioè che “le anime belle si incontrano”, contro ogni previsione, contro ogni apparenza.”
Io a Roberto F.: “Quando ti ho chiesto l’amicizia tempo fa l’ho fatto perché avevo letto del tuo progetto ma soprattutto ho visto le tue foto… sono balzata indietro nel tempo a quando mio marito non ha potuto essere sottoposto a trapianto e ci ha lasciato fisicamente. E’ stato istintivo sentire affinità con te e con chi ti vuole bene. Qualcuno poi mi ha detto: “Non sai chi è Roberto F.?” facendomi sentire una perfetta ignorante. Non ti avevo mai sentito nominare, io stavo vivendo da tanti anni su un altro pianeta, non ascoltavo musica da anni, dovevo assorbire più possibile dalla persona che più amavo nella mia vita e che sapevo sarebbe andato via. Per me allora la musica era la sua voce e quella di mia figlia. Non mi serviva altro. Dopo otto anni rifarei la stessa scelta. Ora ho tempo.“
Non tutto il tempo che si “perde” in chat è tempo perso.
Selezionando e facendo delle scelte, ringrazio le belle persone che trovano tempo per me … sempre Vicky!
Che cos’è la civiltà?
Cosa c’entrerà mai un banale carrello della spesa come quello sopra col concetto di civiltà? Ora ve lo spiego subito.
Per chi può metterci dentro qualche cosa non presenta nessun mistero, ovviamente. Non così per chi come me non lo può usare, perché ha problemi con le mani, perché deve farsi aiutare per prendere le cose dagli scaffali e poi metterle dentro il famoso carrello.
Dopo questo preambolo, vi racconto un aneddoto di ieri. Alla fine del disgelo durato più di una settimana, sono riuscita finalmente a uscire e prendere un po’ di aria, come se fossi stata agli arresti domiciliari per un po’ e potessi finalmente godermi un po’ di libertà.
Decido di andare al centro commerciale Fiordaliso a Rozzano (Milano) per fare un giretto e dare un’occhiata qua e là… come una cliente qualsiasi. Mi faccio aiutare da una persona a prendere delle cose e decido di avviarmi alla cassa.
Un errore imperdonabile! Sì, perché ‘quelli come me’ hanno le cosiddette casse dedicate con precedenza. Dove sta la civiltà in questo? Dal mio punto di vista la precedenza o preferenza deve essere una scelta, non un’indicazione suggerita da un cartello oppure da una cassiera affetta da eccesso di zelo. Perché dico questo?
Generalmente mi rifiuto di mettermi in coda a quelle casse, perché tutti mi guardano come se volessi fregare il posto a qualcuno e io mi sento di più una ladra che una cliente… occhi puntati addosso, sguardi di compatimento oppure incazzati per il suddetto posto fregato e così via. Per evitare questo uso qualsiasi cassa mi venga in mente, purché ci sia poco da aspettare (cosa che credo sia augurino tutti).
Un gentiluomo in fila davanti a me accompagnato dalla sua dolce metà si offre di cedermi il posto ed io, ringraziandolo per la sua gentilezza, mi avvicino alla cassa. Fin qui la civiltà la vedo completa. Viene offerto l’aiuto, se accettato o meno si ringrazia giustamente.
Improvvisamente la tempesta si scatena. La dolce signora si trasforma in ciclone rimproverando il pover’uomo di aver osato tanto, adducendo argomentazioni non richieste da nessuno, tantomeno da me. Il signore insiste, ma io a questo punto rifiuto la sua offerta e, nonostante l’umiliazione, mi rimetto in fila nella stessa cassa. Il mio senso di civiltà mi ha insegnato la nonviolenza, la speranza di essere un esempio più che un fiume di parole. La mia presenza parlerà più della mia assenza.
Effettivamente ottengo qualcosa. Anzi, più di qualcosa. La soddisfazione più grande è quella di rimanere lì, senza vergognarmi ma anzi, vedendo quanto si trova in difficoltà quella signora per giustificare la sua meschinità e mancanza di cortesia rispetto al marito, la rassicuro dicendole che non ho fretta, di stare tranquilla. La cosa che mi fa più ridere è il suo tentativo di entrare in sintonia con me nonostante il violento rifiuto raccontandomi di aver lavorato per ‘quelli come me’ per quattro anni. A chi importa? Mica ci vogliono le referenze per essere aggressivi e incivili!
Li osservo entrambi, mentre ripongono frettolosamente la spesa. Lui non ha più il coraggio di guardarmi in faccia. Guarda per terra.
Vanno via, senza neanche salutare. Guardo per terra anch’io, per controllare che non abbiano perso qualcosa nella fretta di uscire…
Il fiore all’occhiello di certi posti pubblici come supermercati, centri commerciali in genere, mercati rionali non dovrebbe essere la precedenza o preferenza, piuttosto un aiuto concreto da parte di volontari oppure di dipendenti che si dedicano a persone in difficoltà come me che devono comunque, come qualsiasi altro cliente, fare la spesa.
Questa per me è la civiltà!
Un pensiero a chi la spesa non può farla, perchè non può uscire di casa: io so!
Sì alla non-violenza! Sempre Vicky!
Siam tutti (o quasi) gente di frontiera.
Questi eravamo noi emigranti Italiani.
Spero la storia non si ripeta.
Sempre Vicky.
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