Caro sconosciuto
Un viso tra tanti
alla fermata del pullman
fa freddo e
tutti hanno fretta
Ti fermi
uno sguardo e un sorriso
aspetti
non ho ancora capito cosa
Un’ora di attesa
l’ennesimo guasto alla pedana
la gente corre via
tu rimani
Mi fai compagnia
mentre sto sospesa
e non solo in aria
con le mie ruote
Dopo tanto penare
si parte
ti siedi a un metro da me
troppo lontano
Arrivo alla mia quasi meta
scendi a chiedermi cose
io ti sento già calore familiare
avrei voluto toccare la tua mano
Voglio darmi tempo
la bontà non sfiorisce
la bellezza neppure
non conosco il tuo nome
Esistiamo
Leggera e sorridente, sempre Vicky
Assenza
Ciao a tutti, ragazzi e ragazze!
Non sono sparita, tutt’altro. il fatto è che ho in mente tante cose e devo riuscire a metterle a fuoco. In più, cosa non trascurabile, mi piace molto leggervi per tenere un filo di comunicazione aperta con voi e conoscervi.
Questa cura degli altri che mi arricchisce così tanto non è inferiore alla voglia di scrivere. Anzi direi che sono interdipendenti.
I vostri pensieri elaborati dalla mia fantasia e dalla mia interiorità fanno emergere vita nuova.
Occorre tempo e io me ne sto concedendo.
Un abbraccio, sempre Vicky!
Le domande consuete
Il mio regalo a me stessa e a tutte le anime femmine. Sempre Vicky ❤
Canzone delle domande consuete (Francesco Guccini)
Ancora qui a domandarsi e a far finta di niente
come se il tempo per noi non costasse l’uguale,
come se il tempo passato ed il tempo presente
non avessero stessa amarezza di sale.
Tu non sai le domande, ma non risponderei
per non strascinare le parole in linguaggio d’azzardo;
eri bella, lo so, e che bella che sei;
dicon tanto un silenzio e uno sguardo.
Se ci sono non so cosa sono e se vuoi
quel che sono o sarei, quel che saro’ domani…
non parlare non dire piu’ niente se puoi,
lascia farlo ai tuoi occhi alle mani.
Non andare… vai. Non restare… stai.
Non parlare… parlami di te.
Tu lo sai, io lo so, quanto vanno disperse,
trascinate dai giorni come piena di fiume
tante cose sembrate e credute diverse
come un prato coperto a bitume.
Rimanere cosi’ annaspare nel niente,
custodire i ricordi, carezzare le eta’,
e’ uno stallo o un rifiuto crudele e incosciente
del diritto alla felicita’
Se ci sei, cosa sei? Cosa pensi e perché?
Non lo so, non lo sai; siamo qui o lontani?
Esser tutto, un momento, ma dentro di te.
Aver tutto, ma non il domani.
Non andare… vai. Non restare… stai.
Non parlare… parlami di te.
E siamo qui, spogli, in questa stagione che unisce
tutto cio’ che sta fermo, tutto cio’ che si muove;
non so dire se nasce un periodo o finisce,
se dal cielo ora piove o non piove,
pronto a dire “buongiorno”, a rispondere “bene”
a sorridere a “salve”, dire anch’io “come va?”
Non c’ vento stasera. Siamo o non siamo assieme?
Fuori c’e’ ancora una citta’
Se c’e’ ancora balliamoci dentro stasera,
con gli amici cantiamo una nuova canzone…
…tanti anni, e sono qui ad aspettar primavera
tanti anni, ed ancora in pallone
Non andare… vai. Non restare… stai.
Non parlare… parlami di te.
Non andare… vai. Non restare… stai.
Non parlare… parlami di noi.
A casa col nemico
(Google)
Voleva essere all’inizio il commento a un post sul blog dell’amica Cimy , poi è diventato quello che leggerete di seguito.
Ciao, cerco di capire il motivo per cui ti senti così… come ti ho già scritto altrove anche io lotto col nemico numero uno che si chiama Web e dietro il quale si celano chissà quanti altri nemici sconosciuti, amplificati così dalla gelosia di una che ama e non sa chi c’è dall’altra parte o addirittura di fronte a sé.
Quante volte ho gridato che avrei voluto spaccarlo quel portatile che mi ruba la sua attenzione, le sue carezze, quasi tutto.
È una vittoria senza armi quella della rete, in cui si casca in modo più o meno consapevole. Io a volte ho dato la colpa alla mia solitudine, quando passavo ore in chat o qua e là per siti. In realtà sola lo ero davvero in quel tempo… ho trovato compagnia, sono stata fortunata. Ma quante ore però buttate via a non vivere fuori da questa stanza…
Cosa c’è di social in una vita chiusa in casa dietro un monitor, scrivendo a persone che si sa non vorranno mai incontrarci (80-90%), perché non vedono altro che un’immagine, non la verità. Quando poi arriva il momento in cui si vorrebbe concretizzare la conoscenza perché magari si è anche nella stessa città… ecco, la gente si tira indietro.
Viviamo in un mare di “mi piace” senza più essere capaci di assaporare la compagnia reale di un amico o un’amica con un corpo e abbiamo dimenticato l’impegno sociale, politico, amoroso.
La rabbia e la delusione mi aiutano a riprendermi da queste “crisi di rigetto“.
In questi momenti benedico il giorno in cui ho cominciato a scrivere su questo blog, un modo davvero sociale oltre che “social” di comunicare e concretizzare in alcuni casi la conoscenza in modo più profondo. Con altri, magari più lontani, è nata una comunicazione a voce – no Whatsapp – che mi dà emozioni e, talvolta, anche qualche arrabbiatura, dipende dagli argomenti… questa è la vita, non devo piacere per forza a nessuno.
Il resto, ce ne stiamo accorgendo tutti spero, è una grande menzogna. È il grande occhio del famoso “Big Brother”, che manipola la nostra attenzione, la nostra curiosità sana per trasformarla piano piano in dipendenza.
Stiamo diventando schiavi. Finché siamo in tempo spezziamo le catene!
Io mi sono proposta di dedicare più tempo al blog, alla scrittura e alla lettura di altro (altri blog che seguo o di recente, l’ascolto di audiolibri – questo è il secondo che ho finito ieri sera), che mi arricchisce molto durante l’ascolto di musica di qualsiasi tipo. Ho ripreso in considerazione di dedicare un piccolo tempo della giornata all’attività fisica che fa bene alla salute del corpo e della mente, oltre a disciplinare l’uso del mio tempo ridiventandone la padrona.
Sono sicura di vederne molto presto i frutti del mio impegno.
Nel frattempo vi dedico questo brano… sempre libera, sempre Vicky!
Io uccido
(Google)
Tempo
Oggi mi sono lasciata vivere dal tempo.
Volevo ingannarlo…
poi ci siamo feriti a vicenda
e infine
l’ho ucciso.
Per non dover soccombere.
Per non sentire più dolore.
Mi vorrò bene
finalmente.
Sempre Vicky!
V come Vicky
(Google)
Accontentarmi non è arrendermi,
è mettere ordine tra gli obiettivi della mia vita.
Darmi tempo.
Lasciarmi fuggire da alcune schiavitù.
Non è paura.
Le viltà di questo tipo
le ho cedute ai grandi della Terra.
Darmi spazio.
Non ce n’è per me a questa grande abbuffata.
Non è vergogna.
È solo che voglio vivere,
nel timido e gioioso nascondimento
che mi piacerebbe essere
e che mi cucio addosso sulle mie ferite.
È che sono fatta anche così.
Ubriaca di vita, eppure assetata.
In corsa verso l’alba che non tramonta eppure ferma.
Ho sete d’aria,
ho fame d anime salve.
Teniamoci stretti, mio scoglio umano.
Il mare dentro urla le sue onde,
attraversando me
bagnando e consumando l’amoroso te.
Mi scopro fragile. Sempre Vicky!
Dieci
Uno. Il minuto passato tra l’istante in cui ci siamo guardati e quello in cui ho visto il tuo sorriso per me perfetto, per niente oscurato da tante cose e persone intorno.
Due. I secondi di perplessità che ho avuto nello scambiare con te il numero di cellulare.
Tre. I giorni che sono passati prima che ci ritrovassimo davanti a un caffè molto lungo, tanto quanto bastava per imparare il tuo viso e il suono della tua voce.
Quattro. Più o meno l’ora del pomeriggio in cui ti incontravo, sempre più spesso. La giornata di lì a poco sarebbe sembrata sempre più lunga fino al momento del tuo arrivo.
Cinque. Le dita della tua mano che mi ha accarezzato la prima volta. Mi sono sentita fiore e tu, in realtà, mi chiamavi così quando mi scrivevi messaggi.
Sei. I tuoi giorni lavorativi fino all’anno scorso. Poi quasi un giorno intero da passare insieme, con le ore che volavano.
Sette. Le note che fanno da intreccio alla nostra storia, la musica che abbiamo ascoltato, quella che continuiamo a conoscere, che ci avvicina e ci allontana secondo i gusti.
Otto. L’ora in cui di solito arriva l’infermiera di sabato. Non ti ho mai sentito sbuffare e innervosirti per il sonno interrotto, per l’intimità rubata e molto altro ancora.
Nove. I mesi necessari per partorire il figlio che non potrò mai darti. Ti basterà che io sia “la tua bambina”?
Dieci. È il voto che do alla tua pazienza, a volte anche troppo saggia rispetto alla mia irrequietezza e inquietudine.
Dedicato.
Sempre stregata dalla luna, sempre Vicky.
Ho visto il tempo.
Scorreva davanti a me lentamente quando il cuore e la mente erano attenti, presenti,
fuggiva all’impazzata come un cavallo imbizzarrito quando portava con sè dolore.
Avrei voluto mettergli le briglie per farlo sostare presso di me nell’istante della gioia.
Ha ripreso la sua libertà,
non ho potuto trattenerlo.
Ora, ieri, domani non esistono più.
La briglia è l’unica testimone.
Resta. Ho bisogno di tempo, ho bisogno di te.
Non sparire, la mia mano vuole stringere qualcosa.
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